Descrizione
“Come è nata la collezione? Le prime scoperte risalgono agli anni Sessanta, quando seguii mio marito in un viaggio di lavoro in Algeria. Il paese era appena uscito dalla guerra di indipendenza, il turismo non esisteva.
Con il nostro rappresentante percorremmo in macchina per venti giorni le zone costiere e interne, sostando nelle cittadine dove Mario visitava i clienti e proponeva la sua merce. Spesso eravamo loro ospiti, a tavola comparivano agnelli e succulenti couscous, ma nemmeno l’ombra delle donne, che stavano recluse nei loro appartamenti. Solo io avevo il privilegio di conoscerle e allora curiosissime mi subissavano di domande sulla moda in Europa, sul modo di vivere, e anche su questioni intime, sulla frequenza dei rapporti con mio marito e sui metodi per regolamentare le nascite.
Poi inevitabilmente mi mostravano i loro gioielli, e qui ho avuto le prime folgorazioni. Davanti ai miei occhi si dispiegavano tesori in argento, smalti e coralli di una bellezza barbarica. Le popolazioni del Maghreb hanno subito molteplici influenze dei contatti con la cultura cartaginese, romana, fenicia, bizantina, andalusa.
Ero affascinata da una fibula che mi ricordava gioielli vandali e merovingi. La proprietaria mi spiegò che non me la poteva regalare perché era un dono nuziale, era stata immersa nella vasca dove aveva preso il bagno rituale prima delle nozze, posata di fianco al letto quando aveva partorito e appoggiata al petto dei suoi figli il giorno della circoncisione. Mi offrì una mano di Fatima d’argento con un corallo incastonato sul dorso: mi disse che la mano con le sue cinque dita, numero sacro per l’Islam, allontana il malocchio e dà protezione. Forse è proprio vero, perché ho avuto una vita fortunata e ho fatto tantissimi viaggi emozionanti.”
– Dall’introduzione di Bianca Maggi